28 Gennaio 2019 Intellectual Property Unit / News / News_it/en 0 Comment

IL FENOMENO DEI LEGAL FAKE

Il marchio è il segno distintivo che permette di contraddistinguere i prodotti ed i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, concorrendo, in tal modo, a favorire uno sviluppo armonico della concorrenza. Il deposito rappresenta lo strumento per ottenere un diritto di protezione e per permettere al titolare una tutela monopolistica del medesimo; ne consegue che terze parti, nell’ambito di un’attività commerciale, non possono usare un segno identico o simile ad un marchio già protetto, con riferimento agli stessi prodotti o servizi tutelati ovvero a prodotti e servizi ad esso affini.   Con la registrazione, pertanto, il titolare ottiene il diritto di uso esclusivo del marchio e, contestualmente matura un diritto di veto negativo verso soggetti terzi; naturalmente, in base al principio di territorialità, un marchio attribuisce protezione solo nei paesi nei quali viene registrato.

E proprio facendo leva sul criterio appena enunciato che negli ultimi anni, in settori come la moda ed il food nei quali il brand Italia smuove svariati miliardi di Pil attraverso le attività di export, si è diffusa una pratica nota come legal fake. Tale fenomeno riguarda la condotta di soggetti che anticipano il titolare di un marchio originale nel deposito dello stesso, in un territorio nel quale il marchio in questione risulta conosciuto ma ancora non registrato; in tal modo, il soggetto in questione svolge la propria attività imprenditoriale in qualità di legittimo titolare e, contestualmente, sfrutta la notorietà già maturata dal marchio originale agli occhi consumatori spesso inconsapevoli.

Il fenomeno in questione è molto complesso e non rientrerebbe nella contraffazione vera e propria, in quanto non prevede la riproduzione pedissequa di prodotti originali, bensì la creazione di un vero e proprio business parallelo a quello del titolare del marchio originale; i casi più famosi sono le copie di quei marchi di moda streetwear come Supreme e Boy London. Il marchio BOY London, ad esempio, è stato una vera icona nel mondo  underground ed indossato negli ultimi trent’anni da ogni sottocultura; nel 2013 un’azienda italiana di Barletta avvia una produzione in massa di item chiaramente ispirati al brand inglese,  il tutto nel rispetto pieno delle regole. Il marchio “BOY LONDON Italia” è infatti registrato e reca quindi la scritta “originale” su tutti i capi regalati e venduti, aumentando la credenza da parte di chi l’acquista di comprare la linea originale da un semplice rivenditore sul territorio. Il logo ed il font utilizzati, tuttavia, sono diversi rispetto al brand inglese ma abbastanza simili da ingannare un occhio inesperto; i Legal Fakers hanno pertanto approfittato del vuoto di tutela nel singolo stato per sfruttare parassitariamente l’eco del successo che il prodotto contraddistinto ha sperimentato su altri mercati.

Tuttavia, oggi la normativa nazionale attuale offre adeguati spunti per contrastare il fenomeno in giudizio; il Tribunale di Milano, in particolare, ha chiarito la necessità fondamentale di mantenere concettualmente distinti i marchi dai relativi prodotti e che la registrazione in Italia di un marchio identico ad un altro più noto ma non registrato nel nostro paese, non conferisce il contestuale diritto di copiare anche i relativi prodotti originalmente contraddistinti; in tal caso infatti si viene comunque a delineare una fattispecie di atto di concorrenza sleale confusoria, legata appunto ad un falso convincimento del pubblico circa l’origine e la provenienza dei prodotti, ovvero di atteggiamento parassitario, finalizzato a d un indebito sfruttamento della notorietà raggiunta dai prodotti imitati.

Fermo restando le preziose indicazioni fornite dalla giurisprudenza, rimane fondamentale oggi rimarcare l’importanza, specie per le aziende operanti nel settore della moda, di adottare un approccio cautelativo, prestando molta attenzione nella gestione del portafoglio dei propri segni distintivi e nella sorveglianza dei registri e del web in maniera tale da intercettare eventuali iniziative usurpative sul nascere.